C’era una volta il tessile. O forse no: declinare al passato un settore che così grande parte ha avuto nella storia industriale potrebbe essere non del tutto esatto. C’è infatti chi resiste, ancora e sempre, fidando sull’intuizione buona, sul colpo d’ala che dà ai suoi prodotti quella marcia in più. È il caso, all’interno delle ditte artigiane, di Argar Technology (www.argartechnology.com), piccola azienda di tre dipendenti di Sacconago di Busto Arsizio che produce tessuti a maglia certificati ad alta tecnologia, un campo innovativo in cui tuttora la concorrenza è poca e lo spazio per chi sa farsi largo assai interessante. Ce ne parla il titolare Umberto Negri, accogliendoci nel suo laboratorio.
«Nasciamo nel 1981 come confezione d’abbigliamento: fin da allora produciamo i nostri tessuti in proprio» spiega l’imprenditore. «Abbiamo attraversato diverse fasi a seconda dei cicli economici. Nei primi anni, ad esempio, lavoravamo molto con l’estero nel settore “pronto moda”. Poi, dieci o dodici anni fa, l’inerzia legislativa in campo economico ha purtroppo lasciato campo libero all’invasione di prodotti esteri». La “febbre gialla” venuta dalla Cina aveva colpito come una micidiale epidemia lo storico distretto tessile del Bustocco. Una mazzata da cui questo non si è ripreso più, e nelle parole anche di un imprenditore ancora giovane, come Negri, si coglie un’autentica tristezza al pensiero del patrimonio di esperienze disperso come paglia al vento della crisi. «Lasciar azzerare questo distretto è stata la cosa più stupida che si potesse fare, c’era un indotto davvero unico. Ora è difficile trovare persino i terzisti: tintorie, filature, torciture, non c’è più nulla. Se chiude un terzista, è un problema. La politica avrebbe dovuto tutelare meglio il tessile di questa zona».
Per uscire dalle difficoltà, non c’era che farsi umili e cercare una nicchia che garantisse prima la sopravvivenza e poi il rilancio. «Abbiamo provato con il settore sportivo, ma anche qui l’onda lunga del prodotto importato a basso costo sommergeva tutto. Così come Argar srl ci siamo suddivisi operativamente in Ar-Gar Promotion e Argar Technology, produzione e ricerca per tessuti specializzati da lavoro – a maglia, si badi bene». Una scelta fatta per tempo, imboccando la strada giusta ben prima che la crisi raggiungesse il culmine: «È dal 2000 che abbiamo cominciato a produrre tessuti certificati, essenzialmente con proprietà antistatiche e ignifughe, ma ora stiamo lavorando sodo anche su quelli ad alta visibilità». Il segreto è l’uso della maglia al posto della tela. «La tela» spiega Negri «deve subire dei trattamenti particolari, e comunque dopo un certo numero di lavaggi comincia a perdere le proprietà “acquisite”. Con la maglia, invece, noi le rendiamo intrinseche al tessuto, e i test ci danno ragione: anche dopo cinquanta lavaggi, il prodotto resta antistatico e ignifugo». Il vantaggio in termini di minori passaggi, e quindi costi, è evidente. Il segreto? Ovviamente sta nei materiali di base, come il Protex, fibra acrilica modificata dalle proprietà ritardanti della fiamma, oppure il finissimo filato in carbonio. Si realizza quindi, unendovi cotone, un filato che i terzisti poi provvedono a smacchinare, fino al passaggio in tintoria per un ultimo finissaggio.
«Il nostro mercato di riferimento è al momento nazionale, e focalizzato sul petrolchimico» spiega Negri: «Agip, Shell, Esso… è importante che chi lavora a contatto con sostanze esplosive ed infiammabili adotti abiti che prevengano ogni minima scintilla da elettricità statica, inclusa quella che il corpo umano naturalmente produce. In questo senso ci è tornata utile anche la recente legislazione che obbliga ad adottare abbigliamento di questo tipo».
«La mia ricerca», prosegue l’imprenditore, «è volta proprio a creare i cosiddetti dispositivi di protezione individuali (DPI). Non ci fermiamo ai tessuti, ma omologhiamo i capi finiti (di cui mostra vari campioni, già completi dei loghi della clientela). Oltre al petrolchimico, un input importante ci viene anche dalla microelettronica: un settore dove chiaramente si deve evitare ogni minima scintilla a tutela dell’integrità e funzionalità del prodotto. Il nuovo mercato che stiamo sviluppando è quello dell’alta visibilità, per la cantieristica, ad esempio». Realizzare tessuti di questo tipo in fibra di cotone, invece che in sintetico, pone dei problemi: «Occorre raggiungere un determinato livello di visibilità sancito per legge, ci sono dei pigmenti che lo consentono. Stiamo certificando dei campioni in cotone, altri con l’interno in cotone e l’esterno in poliestere».
Il prossimo passo sarà, oltre alla diversificazione, l’internazionalizzazione. «Siamo la 56esima fra le 100 aziende scelte in Regione Lombardia per il progetto di Spring3» ci riferisce Negri, il telefono rovente che squilla in continuazione. «È partito ai primi di aprile, e vede un manager per le relazioni e una stagista affiancarci come accompagnamento all’internazionalizzazione. Poi abbiamo partecipato come visitatori alle più importanti fiere tessili d’Europa, da Francoforte a Madrid, constatando che nel campo dei tessuti certificati a maglia la concorrenza è ancora poca cosa – buon per noi. Di recente infine, con la Camera di Commercio, siamo stati anche all’Aerospace di Torino. Un suggerimento importante ed una strada che ho deciso di percorrere per il rilancio della mia attività grazie all’Associazione Artigiani». Associazione alla quale la Argar è iscritta ed è sempre in diretto contatto proprio per poter utilizzare al meglio gli strumenti che il mercato offre (fiere e progetti) per potenziare la sua competitività. Insomma, anche per il bistrattato tessile, con un pizzico di intuizione e fortuna, c’è modo di ovviare alla crisi e farsi largo nuovamente. Non per tutti forse, ma per chi sa cogliere l’attimo, fiutare il vento e scegliere la strada giusta certamente sì.
23 maggio 2008